Opera per il 40° della strage di Piazza della Loggia a Brescia
musica Mauro Montalbetti
libretto e regia Marco Baliani
regia video Alina Marazzi
scene e costumi Carlo Sala
disegno luci Stefano Mazzanti
Ensemble Sentieri Selvaggi
direttore Carlo Boccadoro
attore Marco Baliani
soprano Alda Caiello
suono-azione Roberto Dani
danzatori Allievi del secondo corso di Teatrodanza, Teatro Scuola Paolo Grassi, Milano
Coro Costanzo Porta di Cremona
maestro del coro Antonio Greco
produzione Fondazione del Te
coproduzione Fondazione I Teatri di Reggio Emilia
collaborazione produttiva Piccolo Teatro di Milano
con la collaborazione di Casa della Memoria Brescia, Fondazione Milano Teatro, Scuola Paolo Grassi
Prima rappresentazione assoluta Brescia, 9 maggio 2014
Una commemorazione non può che fondarsi su un atto forte di memoria, l’imperativo resta quello di non dimenticare ciò che di terribile accadde il 28 maggio 1974 a Brescia, in Piazza della Loggia. Essere oggi testimoni vuol dire che quei fatti, quelle vicende, sono diventate racconto di un passaggio generazionale che diviene monito e civile appuntamento.
Ma se limitassimo la nostra opera a questo, agiremmo ancora come vittime, ripetendo la tragicità di quella giornata come un lamento funebre, col rischio di trasformare l’atto del non dimenticare in un esercizio retorico, dovuto. È certo che le trame occulte dispiegate, prima a favorire l’ambiente in cui è maturata la strage e poi a depistare per decenni qualsiasi tentativo di raggiungere una verità giudiziaria, non vanno dimenticate e vanno sempre denunciate, perché ora, dopo tanti anni, cerchiamo almeno una verità storica che ci faccia comprendere l’enormità della ferita subita.
Ma noi vorremmo compiere un tragitto diverso: una riflessione universale sulla violenza, sul potere, sull’infamia. È rimasta, di quella giornata, la registrazione del comizio in piazza che viene interrotto dallo scoppio della bomba con le voci del caos e della disperazione che ne seguirono: è un documento unico che fissa l’attimo della strage in una dimensione sonora. Noi vorremmo che quell’interruzione, quella rottura di vite e di senso non fosse un fermo immagine del passato ma si trasformasse in un atto di resurrezione.