Dramma musicale pasoliniano in 9 canti
musica Mauro Montalbetti
libretto Marco Baliani
con Cristina Zavalloni, Mirko Guadagnini, Marco Manchisi
e con Chiara Taviani, Alessio Damiani, Liber Dorizzi, Massimiliano Frascà, Carlo Massari, David Marzi, Mirko Paparusso, Filippo Porro
Icarus Ensemble
direttore Francesco Lanzillotta
regia e luci Marco Baliani
scene e costumi Carlo Sala
assistente alla regia Barbara Roganti
commissione e produzione Fondazione I Teatri di Reggio Emilia
Prima rappresentazione assoluta 30 ottobre 2015
L’opera è una messa in scena del corpo fisico del poeta e al contempo dei tanti corpi disseminati nella sua produzione artistica. ‘Messa’ in scena, dunque una celebrazione ‘religiosa’ del corpo pasoliniano, sempre presente in tutte le sue opere, dalla poesia al cinema al teatro ai saggi; corpo a volte trasfigurato, nascosto, negato, sacrificato, ma anche cantato nella pura gioia del vivere, nell’esultanza della carne, nella terribilità degli impulsi.
Un corpo scandaloso. Un corpo mai riconciliato. Un corpo biologico che lotta per esistere contro una società che sul corpo, sul controllo biopolitico del corpo, fonda il proprio potere. Un corpo che non può che soccombere, ma che proprio nel suo atto di non sottomissione, alle regole, alle convenzioni, ai moralismi, ai linguaggi, permette un estremo istinto di rivolta. Corpo poetico che perde e viene smembrato ma che non può che mostrarsi di nuovo, in un atto simile a quello di Sisifo, risorgendo e ricominciando.
‘I corpi’ di Pasolini divengono metafora di un suono. La forma musicale dell’opera parte dal suono concreto del corpo (intercettato, modificato, rielaborato, stratificato in una sorta di paesaggio sonoro dell’umano) cui si aggiunge un suono-corpo polifonico vivente, formato da un insieme di voci, timbri, melodie, strumenti.
Cantare in scena i tanti frammenti di questi corpi perduti di Pasolini, in una forma spettacolare esegetica, non lineare, composta per quadri, come i suoi film o i suoi romanzi, aderendo a una forma percettiva che assomiglia alle tavole medioevali, ove gli accadimenti delle figure non seguono un’evoluzione causale, ma si stagliano come epigrafi del simbolo.
Marco Baliani, Mauro Montalbetti