Lavorando con Marco Baliani abbiamo deciso che la musica dovesse occupare un ruolo del tutto diverso dalla tradizionale musica di scena, che è un commento descrittivo o suggestivo, ma essere invece elemento drammaturgico, uno dei segni che compongono il linguaggio teatrale. Così ho scritto una canzone, su un testo tratto dalla raccolta tedesca di canti e poesie popolari Des Knaben Wunderhorn, ipotizzando una melodia che fosse repertorio comune alla memoria di tutti i personaggi di Gioventù senza Dio. Questa canzone vive poi di tutte le trasformazioni, le ramificazione, le conseguenze e le variazioni che i processi drammaturgici implicano. Ma nella nostra prospettiva di lavoro l’intervento musicale si estende anche a creare delle partiture vocali, dei territori di contiguità tra parola parlata e parola pronunciata ritmicamente, tra declamazione e canto.
Filippo Del Corno